giovedì 19 luglio 2012

Per non dimenticare


Oggi, 20 anni fa, la strage di via D'Amelio in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta...

 Dopo vent'anni ancora tanti interrogativi, tante ombre per arrivare alla verità.


Qualcuno potrebbe chiedersi: "Ma è davvero servito il sacrificio di Falcone e Borsellino?" Noi siamo convinti di sì, anche se ricordare non basta, ognuno nel proprio ruolo dovrebbe operare in modo che non si possa più tornare indietro, che emerga la verità piena, che lo Stato sconfigga ed estirpi la malavita organizzata nelle sue varie manifestazioni. E'  un'utopia pensare che possa essere realmente così? 
Non bisogna in ogni caso gettare la spugna: parlarne, ricordare, spiegare e far comprendere alle nuove generazioni è seminare la speranza che "le loro idee continuino a camminare sulle gambe di altri uomini".

"Se la gioventù le negherà il consenso, anche l'onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo"    (Paolo Borsellino)
                                                                                                                        La Redazione
Domenica 19 luglio 1992
L’ultimo giorno di Paolo Borsellino
Borsellino trascorre la mattinata a Villagrazia di Carini con la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia (manca solo la figlia minore Fiammetta, 19 anni, in viaggio in Indonesia con alcuni amici). L’amico Giuseppe Tricoli: «Non li aspettavamo. Del resto Paolo non ci comunicava mai prima le sue visite. Li ho subito invitati a pranzare con noi. Paolo era sereno, tranquillo, scherzava...». A un certo punto il giudice prende l’amico in disparte e gli confida: «Il tritolo e’ arrivato anche per me, lunedì scorso». Poi gli dice che in giornata partirà per la Germania. Motivi di lavoro. «Non mi ha detto altro. Anche con me era estremamente riservato». Dopo pranzo Borsellino dice che va a riposare un po’ (in realtà non chiude occhio, fuma una sigaretta dopo l’altra). Poi, alle 16.40, dice ai sei uomini della scorta di prepararsi. Neanche all’amico dice che sta andando dalla madre. Solo la moglie lo sa. Alle 16.55 il corteo blindato si ferma in via d’Amelio, dove abita Maria Lepanto. Borsellino scende dalla Croma, tende un dito per suonare il campanello, ma in quell’istante esplode una vecchia Fiat 126, parcheggiata davanti al civico 21, in cui sono stipati 90 chili d’esplosivo. La 126 si disintegra volando per trenta metri, schizzando morte e distruzione, devastando le auto blindate, riducendo a carcasse fumanti altre trenta macchine e facendo tremare le fondamenta mentre i corpi di Borsellino e degli agenti che gli stanno a fianco vengono maciullati e bruciati con resti che volano e si schiacciano sull’asfalto un po’ nero un po’ rosso. Il boato del finimondo si avverte fino alla circonvallazione e Palermo trema.

Nessun commento:

Posta un commento