lunedì 28 gennaio 2013

Intervista al prof. Raffaele Russo, nuovo Dirigente Scolastico dell'Istituto Comprensivo "Buonocore-Fienga"


 Dalla parte dei ragazzi 
"La scuola siamo noi"

Cambio della guardia all’Istituto Comprensivo “Buonocore-Fienga”. Andato in pensione il direttore Antonio D’Alterio, a fine agosto dello scorso anno, è subentrato come nuovo Dirigente scolastico il professore Raffaele Russo. Metese, estremamente determinato e felice di guidare la nostra scuola, l’abbiamo intervistato per conoscere il suo pensiero ed apprendere i nuovi progetti che intende realizzare.
Da quanti anni lavora nel mondo della scuola?
“Dal lontano 1987 e per cinque anni sono stato un insegnante precario. Poi nel 1992 sono diventato docente di ruolo.”
Da quanti anni fa il preside e prima di Meta dove è stato?
“Da cinque anni ho intrapreso la mia carriera di dirigente scolastico e siccome amo mettermi sempre in gioco, dopo vent'anni d’insegnamento, ho deciso di sperimentare questa nuova avventura. Comunque nel 2008/09 sono stato preside in Abruzzo, poi dal 2010 e fino allo scorso anno sono stato dirigente scolastico  ad Agerola; ora sono felicissimo di essere qui a Meta.”
Lei da ragazzo che rapporto aveva con i suoi insegnanti,  con il suo preside e qual era la sua materia preferita?
“Ho frequentato la scuola elementare qui nelle vostre aule e successivamente le scuole medie a palazzo Fienga, con la preside Maresca. In terza media invece sono stato fra i primi studenti a trasferirsi nell’attuale sede. Avevo un buon rapporto con tutti. La mia materia preferita era la matematica.”
Lei da ragazzino com’era. Era ribelle, ubbidiente … ?
“Ero timido ed ubbidiente, ascoltavo gli adulti e cercavo di imparare da loro, qualche volta ho provato ad essere ribelle ma non è nella mia natura.”
Lei da piccolo ha frequentato un corso P.O.N. di giornalino?
“No, non ho avuto la fortuna di frequentare un corso P.O.N. come voi adesso. Se ce ne  fosse stata  l’opportunità, sarei stato davvero contento.”
Come mai ha deciso di abbandonare la professione di docente per la carriera di dirigente?
“La mia filosofia di vita si basa sul mettersi sempre in gioco, dato che quando faccio la stessa attività per troppo tempo rischio di annoiarmi. Nel 1996 sono stato eletto vicepreside, sebbene non avessi dato la mia disponibilità. Poi nel 2004 ho deciso di intraprendere la carriera di dirigente ed eccomi qui a Meta.”
Quale lavoro avrebbe voluto svolgere se non avesse fatto il preside?
“Avrei voluto fare il falegname che è il mio hobby preferito. Ho scoperto questa mia passione quando frequentavo le scuole medie con il maestro Angelo Gaeta, il quale ci faceva lavorare il legno in classe e mi sono appassionato a questa attività.”
Un preside metese in una scuola metese; è tutto rose e fiori?
“ Sì, anche se, come sappiamo, le rose nascondono qualche spina, ma io indosso i guanti e vado avanti.”
Quali progetti intende realizzare per migliorare il nostro Istituto?
“In realtà non intendo realizzare molti progetti, solo pochi ma buoni e questi devono essere realizzati mettendo gli alunni al centro dell’attività.”
Il suo è un lavoro faticoso da non dormire la notte?
“Fortunatamente no. In genere quando vado a letto porto con me tutti gli impegni della giornata e li esamino come in un riassunto. Passando avanti si pensa all’indomani, quindi ai problemi da risolvere; mi piace considerare il letto come una tana dove ogni essere si riposa. Però a essere sincero, talvolta alcuni problemi mi tolgono qualche ora di sonno.”
Meta sarà la sua ‘meta’ finale?
“Sì, sarà la mia meta finale, almeno lo spero. Mi piace legare il mio nome alla scuola della mia città.”
       Ludovica De Martino, Francesca Testa, Giuseppe Starace, Mayra De Simone

 

venerdì 25 gennaio 2013

Rita Levi Montalcini


"Una piccola signora dalla volontà indomita

 e dal piglio di principessa." (Primo Levi)


A quasi un mese dalla sua scomparsa, ricordiamo Rita Levi Montalcini, una donna coraggiosa, una grande scienziata premiata nel 1986 col Nobel per la medicina, grazie alla scoperta e all'identificazione del fattore di accrescimento della fibra nervosa.

Rita Levi Montalcini si è spenta il 30 dicembre 2012 a 103 anni. E nonostante la sua venerabile età, poco prima di morire stava ancora studiando nuove teorie. Era nata il 22 aprile 1909 a Torino. A Torino  studiò medicina all’Università e poi entrò  nella scuola medica di Giuseppe Levi all’età di vent’anni, iniziando gli studi sul sistema nevoso; si laureò nel 1936.
Fermamente intenzionata a proseguire la sua carriera accademica come assistente e ricercatrice in neurobiologia e psichiatra, fu costretta, a causa delle leggi razziali emanate dal regime fascista nel 1938, ad emigrare in Belgio insieme a Giuseppe Levi, poiché era di religione ebraica. Fino all'invasione tedesca del Belgio (primavera del 1940), fu ospite dell'istituto di neurologia dell'Università di Bruxelles dove continuò gli studi.
Successivamente tornò a Torino, dove, durante l'inverno del 1940, allestì un laboratorio domestico situato nella sua camera da letto per proseguire le sue ricerche. Nel 1947 andò negli Stati Uniti d’America all’Università di San Louis. Per circa trent'anni fece le ricerche sull'NGF e sul suo meccanismo d'azione, per le quali ricevette il NOBEL. La scienziata donò una parte del premio ricevuto alla comunità ebraica, per la costruzione di una nuova sinagoga a Roma. Nel 2001 fu nominata senatrice a vita della Repubblica Italiana. Nel 2005 fondò a Roma l’EBRI (European Brain Research Institute ).

« L'umanità è fatta di uomini e donne e deve essere rappresentata da entrambi i sessi. »
(Rita Levi-Montalcini)
Rita Levi-Montalcini ha dedicato, per scelta, tutta la sua vita agli studi e alla ricerca scientifica ed ha sempre affermato di sentirsi una donna libera. 


Valentina Soldatini, Camilla Migliuolo, Rosanna Balzano, Anna Elena Somma

mercoledì 23 gennaio 2013

Anne Frank: giovane testimone della follia nazista


Una ragazzina tedesca di religione ebraica morta per la follia nazista. Il suo nome era Anne  Frank  ed era nata a Francoforte il 12 giugno 1929. Nel 1933 lasciò con la famiglia  la sua città e si trasferì in Olanda ad Amsterdam, pensando di stare al sicuro dalle leggi razziali naziste. Ma  nel 1940 l’Olanda fu invasa dai Tedeschi e gli Ebrei subirono discriminazioni sempre maggiori per l’idea folle di Hitler di sterminarli.  Due anni dopo la famiglia Frank fu  costretta  a nascondersi  in un alloggio alle spalle della fabbrica di loro proprietà, a cui si arrivava grazie a un passaggio segreto dietro a uno scaffale.  Anne sapeva già che nel nascondiglio doveva sempre stare in silenzio e parlare a bassa voce, così  portò con sé un diario che ebbe regalato al suo tredicesimo compleanno.  Per Anne  il suo diario era come un amico, infatti gli raccontava i momenti  di angoscia, di paura, di tristezza, ma il suo desiderio e la sua speranza più grande erano che in tutto il mondo tornassero ordine, pace e serenità.  Purtroppo i tempi di tranquillità durarono poco, infatti due anni dopo, per colpa di una spia, i nazisti scoprirono il nascondiglio della famiglia Frank, che venne portata ai campi di concentramento ad Auschwitz. Dopo un po’ di tempo Anne e sua sorella Margot furono portate in un altro campo di “LAVORO” a Bergen-Belsen, dove  morirono di tifo, poche settimane prima dell’arrivo dei  Russi.  Invece ad  Auschwitz  morì la madre di consunzione;  l’unico a salvarsi fu Otto Frank,  che quando trovò il diario lo pubblicò per far avverare l’ultimo desiderio della sua  amata figlia, quello di diventare giornalista e scrittrice.
Cuomo Rosanna, De’ Gennaro Giorgia Pia, Ferraro Flavia, Montefusco Laura, Scarpati Anna, Spartano Chiara, Giulio Scarpati, Pier Silvio Radice

Auschwitz: per non dimenticare



In occasione del giorno della memoria, il 27 gennaio, i ragazzi del PON del giornalino hanno voluto ricordare tutte le vittime di Auschwitz descrivendo cosa succedeva in quel piccolo paesino della Polonia.
Il campo di lavoro, così chiamato dai tedeschi, fu reso operativo dal 14 giugno 1940 fino al 27 gennaio 1945 .
 A volte i video di propaganda tedeschi non mostravano realmente quello che accadeva in quei luoghi; moltissimi tedeschi credevano che gli Ebrei andassero  in luoghi sicuri e non in campi di sterminio, costretti ad un destino orribile.
I cittadini tedeschi capiranno l’orrore dei campi di concentramento solo al termine del conflitto e comprenderanno il dolore provato da milioni di deportati.
Il numero di prigionieri rinchiusi contemporaneamente in questo campo variò da 15.000 ad oltre 20.000 persone. Nelle camere a gas e nei forni crematori del lager furono uccise circa 70.000 persone tra Ebrei, Russi, Polacchi e Rom.
I tedeschi volevano sterminare l’80% della popolazione polacca-ebraica e ripopolare la Polonia con la razza ariana perché loro la ritenevano superiore a tutte le altre; infatti durante le prime fasi dell’invasione nazista venivano eseguite numerose fucilazioni di massa.
A volte c’erano suicidi nelle file dell’esercito tedesco, perché i soldati faticavano ad eseguire ordini che comportavano la fucilazione di donne, vecchi e bambini.
Noi ad Auschwitz - 4 maggio 2012
Per aumentare l’estensione dei campi di concentramento, i tedeschi sottrassero sempre più proprietà ai polacchi ed Aushwitz arrivò ad occupare fino a 40 chilometri quadrati; la superficie del campo conteneva anche alcune aziende agricole e di allevamento, volute direttamente da Hitler per farvi lavorare gli Ebrei come schiavi.
Questo articolo è stato scritto dai ragazzi che sono stati lo scorso anno ad Auschwitz e  hanno realmente visto tutto ciò e quindi sono testimoni delle orribili atrocità compiute in quel luogo.
Vincenzo Castellano, Chiara Rita de’ Gennaro, Ciro Parlato, Lucio Cocorullo.